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- (JazzPlanet) (E.S.T.) Esbjorn Svensson - Plays Monk (Eac Flac Cue) UF TNT -


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Categoria bittorrent Musica
Descrizione
Esbjorn Svensson Trio - Plays Monk






Artist Esbjorn Svensson Trio
Title: Plays Monk
Source: Original CDDA
Recorded: 1996
Year Of Release: 2000
Record Label: Act Music+ Vision
Genre: Jazz
Style: Post-Bop Contemporary Jazz
Number of Discs 1
Size Torrent: 274 Mb
Artwork included
Star Rating ***** Five stars


Extractor: EAC 0.99 prebeta 4
Read mode               : Secure
Utilize accurate stream : Yes
Defeat audio cache      : Yes
Make use of C2 pointers : No
Codec: Flac 1.2.1;  Level 8  
Single File.flac, Eac.log,
File.cue Multiple wav file with Gaps (Noncompliant)
Accurately ripped (confidence 39)

listen to sample

http://www.youtube.com/watch?v=BYYoA9FvQ8k

http://www.youtube.com/watch?v=2vCwO3jXq1Y

http://www.youtube.com/watch?v=TH20hpJw2uE

http://www.youtube.com/watch?v=sdz2sJGzQAQ

Biography

L'Esbjorn Svensson Trio (spesso conosciuto come E.S.T.) è stato un trio jazz svedese, formatosi nel 1993 e composto da Esbjörn Svensson (pianoforte), Dan Berglund (contrabbasso) e da Magnus Ostrom (batteria e percussioni). Gli E.S.T. sono rinomati per il loro stile vibrante, suonando spesso in "ambientazioni" rock. La loro musica può essere descritta come energica, sperimentale e innovativa, ma con i piedi radicati nella tradizione jazz svedese. Più di una volta il trio stesso ha dichiarato di essere come un gruppo pop che suona jazz. Da citare, inoltre, che il gruppo ha anche suonato e collaborato con altri, diversi artisti di fama internazionale, quali: Pat Metheny, Nils Landgren, la Schleswig Holstein chamber orchestra e altri ancora.

Nel 1990 Svensson fondò il suo primo gruppo con l'amico di infanzia Magnus Ostrom alle percussioni. Nel 1993 si aggiunse il bassista Dan Berglund e così nacque lo Esbjorn Svensson Trio.

Nel 1993 fu pubblicato il loro primo album When Everyone Has Gone. A metà degli anni novanta il trio cominciò ad essere famoso e nel 1995 e 1996 in Svezia Svensson fu nominato Musicista Jazz dell'Anno. Nel 1999 il gruppo acquisì notorietà internazionale con l'album From Gagarin's Point Of View, inciso con l'etichetta tedesca ACT che ne promosse la distribuzione in tutta Europa.

Con la pubblicazione dell'album Good Morning Susie Soho (2000) e Strange Place For Snow (2002), il trio cominciò ad essere conosciuto anche negli Stati Uniti. Nel 2002 il gruppo fece un tour di 9 mesi in Europa, negli Stati Uniti e in Giappone. I loro album successivi Seven Days Of Falling (2003), Viaticum (2005) e Tuesday Wonderland (2006) ebbero una buona accoglienza sia dalla critica che dal pubblico.

Nel numero di maggio 2006, la rivista specializzata americana Down Beat dedicò al gruppo la copertina. L'album E.S.T. Live in Hamburg, pubblicato nel 2007, è la registrazione del concerto tenuto nell'autunno 2006 ad Amburgo in Germania durante il Tuesday Wonderland Tour.

Il loro ultimo album Leucocyte (200, è il frutto dell'integrazione della musica elettronica nelle sonorità del gruppo. Esso, è stato pubblicato postumo alla morte di Svensson, avvenuta, il 14 giugno, a causa di un incidente subacqueo; a seguito del quale il trio si sciolse.

Nel 2009, è stato pubblicata una raccolta, sempre dall'etichetta tedesca ACT, intitolata Retrospective - The Very Best Of E.S.T.

review


Scopro questo disco e la musica di Esbjörn Svensson dopo la lettura di un divertente e al contempo commovente post di Jamie Cullum sul suo blog di myspace.
Il testo riportava un articolo scritto dallo stesso Jamie e comparso sul “The Guardian” del 5 sett. 2008, le cui prime righe iniziavano così :    
“Being a jazz lover is a hard way to make friends. I had always been acutely aware of this and had always kept my jazz obsession quiet while I was at school, devouring it behind the door of my bedroom and the privacy of headphones...”
Trovandolo molto veritiero ho continuato nella lettura.    
L’articolo era dedicato alla recente scomparsa, all’età di soli 44 anni, dell’amico e pianista svedese Esbjörn Svensson .
Jamie ricorda come scoprì casualmente la sua musica ed in particolare un disco del trio, “Good morning Susie Soho”,  nascosto tra le  “new jazz releases” di un negozio di dischi.
A colpirlo fu la copertina, effettivamente piuttosto atipica .  Molto più simile a quella di un disco dei Radiohead che a quella di un cd jazz, scrive.
In fin dei conti, atipica come la musica di Esbjörn Svensson .

Ma è sull’album E.S.T. Plays Monk che volevo concentrarmi.
Da grande appassionato di musica monkiana, la mia attenzione viene sempre catturata quando sento di riletture e  rivisitazioni dell’incredibilmente ricco repertorio di Thelonious .
Se l’album poi si intitola “ _ _ _ _ _  Plays Monk”  allora un ascolto è dovuto.  
Perché non si tratta in genere di un’operazione facile. Lo stile pianistico di Monk è tecnicamente inimitabile. Qualunque pianista che si volesse cimentare nella prova, probabilmente risulterebbe un po’ ridicolo.  
Mi vengono in mente delle belle parole di Laurent De Wilde, autore del libro “Thelonious Himself”, a proposito :
“ La musica di Monk è inclassificabile, inammissibile. Non perché sia rivoluzionaria, che di per sé non è una ragione, ma perché è un sasso nello stagno che, una volta gettato, cola a picco e scompare. Lo guardiamo affondare, e non sappiamo se dobbiamo seguire con gli occhi questa massa che si inabissa, o contemplare l’onda regolare del suo risucchio. Non c’è niente nel modo di suonare di Monk, per un pianista : nessuno “schema” da rubare, da provare nelle dodici tonalità e risputare al momento opportuno davanti ad una platea di appassionati che potranno apprezzarne tutta la raffinatezza.
Niente. E se ci proviamo, dà fastidio, come un corpo estraneo. E perché questo non dovrebbe mettere a disagio? Cinquant’anni fa già metteva a disagio, e c’è voluta tutta l’ostinazione di Monk per farlo accettare. E la critica, e la storia, non sanno dove sistemarlo, fa disordine. Non si può digerire una pietra. Nessuna filiazione, nessuna grande scuola, nessun padre spirituale, nessun discepolo, nessun allievo. Padre e madre sconosciuti. Senza discendenza. Allora prima di cominciare ad accettare che è così, ci vuole tempo...”
Svensson si accosta alla musica di Monk con furbizia. Cogliendone cioè il suo aspetto più importante : la melodia .
Ne viene fuori una delle versioni più “fresche” ed intelligenti di “I Mean You” che abbia sentito:  un po’ funkeggiante, rilassata, assolutamente diversa, ma appropriata.
L’unica cosa che riporta a Monk è appunto la melodia. Esbjörn Svensson non prova nemmeno lontanamente a “suonare” come Monk, anzi. Jamie Cullum ci vede un “soulful Keith Jarrett”...io non saprei, ma il suo assolo su “I Mean You” spacca.
In ogni caso é la traccia sicuramente più riuscita dell’album, che infatti apre.  Nelle altre, ad eccezione di “Evidence” forse, il trio non riesce ad essere altrettanto ispirato, pur trattandosi comunque di ottimi letture, solo un po’ più tradizionali.  
Ma “I Mean You” vale da sola l’intero disco.
E’ un peccato scoprire la musica di un’altro jazzista solo dopo la sua scomparsa.
Info: Per scaricare devi usare un client come uTorrent o Transmission
AnnounceURL
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Size 274.13 MB
Completato 267x
Aggiunto 16.08.11 - 07:08:34
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