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Carlo Mattogno - Il mito dello sterminio ebraico [Pdf - Ita] [TNTvillage]

CARLO MATTOGNO

IL MITO DELLO STERMINIO EBRAICO
Introduzione storico-bibliografica alla storiografia revisionista










[color=black]Titolo: Il mito dello sterminio ebraico. Introduzione storico-bibliografica alla storiografia revisionista
Autore: Carlo Mattogno
Editore: Sentinella d'Italia
Pagine: 53
Formato: Pdf
Dimensione: 1,9 MB su disco (1.940.182 byte)






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Nel suo saggio Mattogno inizia affermando che non esiste, e forse non è mai esistito, alcun documento che parlasse dello sterminio ebraico. Cita William L. Shirer che nel suo libro ‘Storia del Terzo Reich, Torino 1971, p. XIII’ dice, riferendosi al fatto che la Germania di Hitler, regime poliziesco al massimo grado, lasciò documenti a centinaia di tonnellate e testimoni preziosi a migliaia di unità: “non vi è stato nulla, in verità, che questo. avversario non abbia affidato alla carta”.
Centinaia di tonnellate di questi documenti vennero sequestrati dopo la guerra. Solo gli americani ne studiarono 1.100 tonnellate in vista del processo di Norimberga.
Ci si aspetterebbe quindi che fossero trovati numerosissimi documenti riguardanti il destino riservato agli ebrei. Ma non è così.
Leon Poliakov così scrive: “Gli archivi del Terzo Reich e le deposizioni e i racconti dei capi nazisti, ci permettono di ricostruire nei particolari la nascita e lo sviluppo dei piani di aggressione, delle campagne militari e di tutta la gamma di procedimenti con i quali i nazisti intendevano rifare a guisa loro il mondo. Soltanto il piano di sterminio degli Ebrei, per quanto concerne la sua concezione, come per molti altri aspetti essenziali, rimane avvolto nella nebbia. Deduzioni e considerazioni psicologiche, racconti di terza o di quarta mano, ci permettono però di ricostruirne lo sviluppo con notevole approssimazione. Molti particolari, tuttavia, resteranno per sempre sconosciuti. Per quanto riguarda la concezione propriamente detta del piano di sterminio totale, i tre o quattro principali responsabili non sono più in vita. Nessun documento è rimasto, né forse è mai esistito. Di tanta segretezza i capi del Terzo Reich, millantatori e cinici come in altre circostanze, circondarono il loro crimine maggiore” (Léon Poliakov, Il Nazismo e lo sterminio degli ebrei, Torino 1977, p. 153.).
Secondo Mattogno anche il piano tecnico, economico ed amministrativo dello ‘sterminio totale’ resta avvolto nel mistero. Come ogni altra industria, anch’essa comportava studi di ricerca e di perfezionamento, servizi amministrativi, ed anche una contabilità e degli archivi. Documenti a questo riguardo però non furono mai trovati.
Ma un “piano di sterminio” sistematico, sempre secondo Mattogno, presuppone evidentemente un ordine specifico che, per forza di cose, non può non essere imputato al Führer. Inutile dire che questo fantomatico “Fuhrerbefehl” (ordine del Fuhrer) è immerso nella più impenetrabile oscurità: “Fino ad oggi non è stato trovato un ordine scritto di Hitler di uccidere l’ebraismo europeo e con tutta probabilità non è mai esistito” (Walter Laqueur, Was niemand wissen wollte: Die Unterdrückung der Nachrichten über Hitlers “Endlösung”, Frankfurt/M.-Berlin-Wien 1981, p. 190).
“Non esiste cioè qualcosa come un ordine scritto, firmato da lui, per lo sterminio degli ebrei in Europa” (Colin Cross, Adolf Hitler, Milano, 1977, p. 313. ).
“Il momento in cui Hitler ha dato l’ordine — senza dubbio mai redatto per iscritto — di sterminare gli ebrei, non si può datare esattamente” (Adolf Hitlers Mein Kampf. Eine kommentierte Auswahl von Christian Zentner, Munchen, 1974, p. 16.
“Non sappiamo il momento preciso in cui l’idea dello sterminio fisico degli ebrei sì concretizzò nel cervello di Hitler” (Saul Friedländer, Kurt Gerstein o l’ambiguità del bene, Milano 1967, p. 75.).
“Tutto quel che possiamo affermare con certezza è che la decisione del genocidio venne presa da Hitler in un momento situabile tra la conclusione della campagna dell’Ovest, nel giugno 1940, e l’aggressione contro la Russia dell’anno successivo. Contrariamente alla relazione del dottor Kersten, ci pare più verosimile situarla qualche mese più tardi, cioè al principio del 1941. Entriamo qui nel gioco delle induzioni psicologiche, quelle cui siamo obbligati di fare appello per trovare risposta alla seconda e lancinante domanda: quali fattori pesarono sulla risoluzione hitleriana?” (Léon Poliakov, Il Nazismo e lo sterminio degli ebrei, op. cit., p. 115.).
Per quel che riguarda l’inizio dell’operazione sterminio, secondo Mattogno, vi è incertezza assoluta. Riporta i seguenti testi: “Il programma del partito nazionalsocialista esigeva l’eliminazione degli ebrei dalla comunità tedesca; tra il 1933 e il 1939 essi furono metodicamente maltrattati, spogliati, costretti ad emigrare; la decisione di ucciderli fino all’ultimo risale anch’essa all’inizio della guerra” (Leon Poliakov, Auschwitz, Paris 1973, p. 12.).
“Oggi è un fatto accertato che i piani dello sterminio in massa della popolazione ebraica d’Europa erano stati preparati dal governo nazista prima dello scoppio della seconda guerra mondiale e furono poi attuati gradualmente secondo la situazione politica e militare europea” (Arthur Eisenbach, Operation Reinhard, Mass extermination of Jewish population in Poland, in: Polish Western Affairs, 1962, vol. III, n. 1, p. 80.).
La motivazione 79 della sentenza del processo Eichmann di Gerusalemme asserisce invece che l’ordine di sterminio “fu dato da Hitler stesso poco prima dell’invasione della Russia”, mentre la sentenza del processo di Norimberga sancisce: “Il piano di sterminio degli ebrei fu elaborato subito dopo l’aggressione all’Unione Sovietica”.
Altrettanto fantomatico, secondo Mattogno, l’ordine di Himmler che avrebbe posto fine allo stermino ebraico. Riporta al riguardo quanto segue: Kurt Becher, ex SS-Standartenfuhrer, asserì che Himmler decretò tale ordine “tra la metà di settembre e la metà di ottobre del 1944″ 25, il che è in contraddizione con la testimonianza di Reszö Kastner, secondo il quale Kurt Becher gli aveva riferito che Himmler il 2526 o il 26 novembre 27 aveva ordinato di far distruggere i crematori e le “camere a gas” di Auschwitz e di sospendere lo “sterminio” ebraico. Stranamente questo fantomatico ordine, che anche il “Kalendarium” di Auschwitz fa risalire al 26 novembre, giunse ai crematori di Auschwitz nove giorni prima che l’ordine stesso fosse impartito, cioè il 17 novembre29! Secondo un’altra testimonianza riportata in ‘Het doedenboek van Auschwitz’, l’ordine in questione sarebbe giunto da Berlino ancora prima, il 2 novembre 1944. Dieter Wisliceny, ex SS-Hauptsturmfuhrer, dichiarò a Norimberga che il contro-ordine di Himmler fu emanato nell’ottobre del 1944. In conclusione, non esiste alcun documento comprovante la realtà del “piano di sterminio” ebraico, sicché “è difficile dire come quando e chi esattamente dette l’ordine di sterminare gli ebrei”.
Mattogno ricorda quindi alcuni discorsi di Hitler in cui si spiegava come la ‘soluzione finale’ per gli ebrei consistesse nell’espatriarli forzatamente fuori della Germania.
“Nel 1938, poco prima dell”agreement” di Monaco, quando il Quinto Decreto Integrativo aveva appunto finito di estromettere gli ebrei dall’ultima professione liberale, Wilhelm Stuckart, l’uomo che delle Leggi di Norimberga era stato non soltanto l’estensore, ma in gran parte il promotore, scriveva che ormai l’obiettivo della legislazione razziale era raggiunto. Molte delle decisioni realizzate attraverso le Leggi di Norimberga “vanno svuotandosi di importanza a mano a mano che ci si avvicina alla Soluzione finale del problema ebraico”. La frase, come appare ovvio, non era ancora un mascheramento del concetto di sterminio della razza, anzi alludeva chiaramente al fatto che le leggi non miravano a perpetuare il problema ebraico, bensì ad eliminarne i motivi. Gli ebrei dovevano lasciare il Reich per davvero e per sempre”(Gerald Reitlinger, La soluzione finale. Il tentativo di sterminio degli ebrei d’Europa 1939-1945, Milano 1965, p. 23.).
“La proposta discussa da Schacht a Londra nel mese di dicembre con Lord Bearsted, Lord Winterton e il signor Rublee fu, grosso modo, la seguente: il Governo tedesco avrebbe congelato i beni degli ebrei, facendo di essi il fondo di garanzia per un prestito internazionale, redimibile in 20-25 anni. Supponendo che i beni degli ebrei valessero un miliardo e mezzo di marchi, vi sarebbe stato un quantitativo di valuta estera sufficiente per finanziare l’ordinata emigrazione degli ebrei del Grande Reich nel corso di 3-5 anni. Dopodiché Schacht rientrò in Germania e il 2 gennaio 1939, a Berchtesgaden, ebbe un lungo colloquio con Hitler sull’accoglienza che le sue proposte avevano ricevuto a Londra. Hitler sembrò esserne impressio- nato, perché tre giorni dopo nominò Schacht delegato speciale per l’incre- mento dell’emigrazione degli ebrei” (Gerald Reitlinger, La soluzione finale, op. cit., p. 36. A Norimberga Schacht dichiarò che, se il suo piano fosse stato realizzato, “non sarebbe perito neppure un ebreo tedesco”, (IMG, vol. XX, p. 442).
Il 24 gennaio 1939 Göring promulgò un decreto che sanciva l’istituzione di una “Reichszentrale für judische Auswanderung” (Centrale del Reich per l’emigrazione ebraica). Goring riassumeva anzitutto lapidariamente il principio ispiratore della politica nazionalsocialista:
“L’emigrazione degli ebrei dalla Germania deve essere promossa con ogni mezzo” (Die Auswanderung der Juden aus Deutschland ist mit allen Mitteln zu fördern).
Una relazione del Ministero degli Esteri del 25 gennaio 1939, intitolata ‘Die Judenfrage als Faktor der Aussenpolitik im Jahre 1938′ (La questione ebraica come fattore della politica estera nell’anno 193 ribadiva inequivocabilmente il principio ispiratore della politica nazionalsocialista nei confronti degli ebrei: “Lo scopo finale della politica ebraica tedesca è l’emigrazione di tutti gli ebrei che vivono nel territorio del Reich” (Das letzte Ziel der deutschen Judenpolitik ist die Auswanderung aller im Reichsgebiet lebenden Juden).
Tale relazione propugnava “una soluzione radicale della questione ebraica mediante emigrazione — come già da anni qui viene perseguita” (eine radikale Losung der Judenfrage durch die Auswanderung — wie sie hier schon seit Jahren verfoIgt wird), secondo il commento dell’SS-Obersturmbannfuhrer Ehrlinger dell’Ufficio Centrale di Sicurezza del Reich.
Il 3 luglio 1940 Franz Rademacher, capo della sezione “ebraica” del Ministero degli Esteri, redasse un rapporto che fu approvato da Ribbentrop e trasmesso all’Ufficio Centrale di Sicurezza del Reich che “elaborò un piano particolareggiato per l’evacuazione degli Ebrei al Madagascar e il loro insediamento sul posto, piano che fu approvato dal Reichsfuhrer delle SS” . Il 12 luglio, di ritorno da Berlino dove era stato ricevuto da Hitler, il governatore della Polonia Hans Frank pronunciò un discorso in cui dichiarò: “Dal punto di vista della politica generale, vorrei aggiungere che si è deciso di trasportare il più presto possibile dopo la conclusione della pace tutta la genia ebraica del Reich tedesco, del Governatorato generale e del Protettorato in una colonia africana o americana. Si pensa al Madagascar, (PS-2233, IMG, vol. XXIX, p. 378. H. Monneray, La persécution des Juifs dans les pays de l’Est présentée à Nuremberg, Paris 1949, pp. 201-202.).
Col decreto del 31 luglio 1941, Goring affidò a Heydrich il compito di fare tutti i preparativi necessari per la “soluzione finale”, cioè di organizzare l’emigrazione totale e definitiva degli ebrei che erano sotto il dominio tedesco. Tale decreto sanciva infatti: “A integrazione del compito già assegnatole con decreto del 24-1-39, di portare la questione ebraica ad una opportuna soluzione in forma di emigrazione o evacuazione (in Form der Auswanderung oder Evakuirung) il più possibile adeguata alle circostanze attuali, La incarico con la presente di fare tutti i preparativi necessari dal punto di vista organizzativo, pratico e materiale per una soluzione totale (Gesamtlosung ) della questione ebraica nei territori europei sotto l’influenza tedesca. Nella misura in cui vengono toccate le competenze di altre autorità centrali, queste devono essere cointeressate. La incarico inoltre di presentarmi quanto prima un progetto complessivo dei provvedimenti preliminari organizzativi, pratici e materiali per l’attuazione dell’auspicata soluzione finale della questione ebraica (Endlösung der Judenfrage)” (Léon Poliakov, Le procès de Jérusalem, op cit., p. 158.).
E Mattogno osserva che questo decreto costituirebbe “uno dei documenti fondamentali della storia dello sterminio”: in esso compare infatti l’espressione “soluzione finale”, che designerebbe, come asserisce Reitlinger, “il piano hitleriano di sterminio degli ebrei d’Europa”. In realtà, come risulta chiaramente dal testo, l’auspicata “soluzione finale della questione ebraica” è una “soluzione in forma di emigrazione o evacuazione”.
L’autore prosegue, con dettagli di citazioni, ancora sulla ‘soluzione finale, poi tocca le ‘testimonianze’ oculari e le ‘confessioni’ al processo di Norimberga e infine descrive il ‘revisionismo, citando testi, autori e pubblicazioni.
Il saggio è composto da 53 pagine, quindi, chi vuole saperne di più non deve far altro che scaricarselo e leggerselo.




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Carlo Mattogno (Orvieto, 1951) è un saggista italiano, considerato il principale esponente del negazionismo in Italia.
Ufficiale in congedo dell'esercito italiano, secondo le biografie presenti in alcuni siti negazionisti avrebbe condotto studi avanzati in latino, greco ed ebraico occupandosi di analisi e tecnica testuale. Dagli anni settanta ha iniziato ad occuparsi della storia dell'Olocausto: nel 1985 ha pubblicato Il mito dello sterminio ebraico e Il rapporto Gerstein: anatomia di un falso con la casa editrice "Sentinella d'Italia", della destra radicale italiana. Negli stessi anni, Mattogno ha collaborato con la rivista della destra radicale italiana Orion, unitamente al fratello Gian Pio, un cattolico fondamentalista. Altre opere di Mattogno sono state invece pubblicate unicamente in internet.
Mattogno è membro dal 1988 dell'"Editorial Advisory Committee" dell'Institute for Historical Review, un'associazione negazionista, contribuisce alla rivista trimestrale dei Vierteljahreshefte für freie Geschichtsforschung, sempre di contenuto apertamente negazionista, e a partire dal 1989 ha partecipato come relatore a diverse conferenze internazionali negazioniste.
Nelle sue numerose pubblicazioni, Mattogno nega che siano state pianificate e poste in essere azioni di sterminio nella Germania nazista, in particolare contro ebrei e zingari: i lager sarebbero stati quindi dei meri luoghi di concentramento, transito, lavoro o soggiorno, funzionali ad una politica di evacuazione di alcune categorie di persone potenzialmente pericolose; allo stesso modo, non avrebbero nemmeno avuto luogo le azioni di sterminio degli Einsatzgruppen nelle retrovie del fronte orientale. Per Mattogno i tedeschi desideravano unicamente far emigrare gli ebrei dalla Germania, in quanto gli ebrei stessi sarebbero stati i primi a dichiarare la propria opposizione verso il regime nazista. L'Olocausto non sarebbe altro che un'enorme macchinazione propagandistica, nata negli ambienti dei lager ad opera delle cellule resistenziali ebraiche, sistematizzata in seguito dai Sovietici, imposta da tutti gli Alleati alla fine della guerra grazie ai processi di Norimberga - che egli ritiene in gran parte basati su prove e testimonianze false o falsificate - e definitivamente accettata dagli storici e dai principali stati del mondo. Per evitare qualsiasi dissenso, i governi avrebbero quindi delegato ad una serie di leggi liberticide ed alle aule di giustizia il compito di far calare una definitiva pietra tombale sulla questione. Il movimento negazionista mondiale quindi sarebbe la vittima predestinata di un enorme complotto planetario.
Dopo aver visitato a partire dalla fine degli anni settanta gli ex campi di Auschwitz-Birkenau, Stutthof, Dachau, Gusen, Mauthausen, Gross-Rosen, Buchenwald, Lublino-Majdanek, Płaszów, Bełżec, Treblinka, l'ex-ghetto di Terezin e Sobibór, e aver consultato numerosi archivi, nelle sue prime opere (1985-1995) ha concentrato i suoi interessi sulla critica delle testimonianze relative alle modalità di sterminio degli ebrei tramite camere a gas, le quali presenterebbero, secondo Mattogno, numerose contraddizioni ed inverosimiglianze che ne inficerebbero l'attendibilità. Tutte le testimonianze relative allo sterminio degli ebrei analizzate, da qualsiasi parte provengano, risulterebbero secondo Mattogno false.
A partire dal 1995, Mattogno ha frequentato gli archivi moscoviti appena riaperti agli studiosi, in cui ha avuto la possibilità di esaminare numerosi documenti (circa 90.000 pagine) precedentemente sequestrati dai Sovietici: tra questi hanno avuto particolare rilievo nelle sue opere successive quelli relativi alla "Zentralbauleitung" ("Ufficio centrale delle costruzioni" di Auschwitz.
Una delle sue argomentazioni consiste nell'impossibilità fisica dei forni crematori esistenti di eliminare l'enorme massa di cadaveri dei prigionieri uccisi nelle camere di sterminio, per questioni di tipo tecnico e ingegneristico. Allo stesso tempo, vengono considerate fisicamente impossibili - e comunque non avvenute - anche le cremazioni dei cadaveri nelle fosse scavate all'aperto. Le sue conclusioni non sono entrate nel circolo delle argomentazioni storiografiche sull'Olocausto, purtuttavia sono state criticate da alcuni studiosi, come l'americano John C. Zimmerman o il medico italiano Francesco Rotondi.
Una sua ricerca è stata però considerata di qualche valore: l'Institut für Zeitgeschichte (Istituto di storia contemporanea) di Monaco in un saggio sulle fonti relative ad Auschwitz ha inserito nella propria bibliografia lo studio di Mattogno sulla Zentralbauleitung (l'Ufficio Centrale delle Costruzioni) del campo, unica sull'argomento. Lo storico tedesco Ernst Nolte lo definisce "scienziato serio" anche perché - secondo lui - "non nega del resto la realtà di assassinii di massa degli ebrei o degli zingari; mette in dubbio esclusivamente la sua causalità a opera di una decisione del vertice dello Stato, quindi di Hitler, e nega la possibilità tecnica delle uccisioni nelle camere a gas". Anche Jean-Claude Pressac, pur negando radicalmente la validità delle sue teorie, riconosce la maggiore qualità della sua ricerca nell'ambito degli studi negazionisti.
Carlo Mattogno, secondo i metodi propri del negazionismo, ha spesso polemizzato con diversi studiosi della Shoah, accusandoli di malafede, dilettantismo, falsificazione della storia, improvvisazione e ignoranza. Esemplare tra queste diatribe è quella suscitata dalla tesi di dottorato in semiotica di Valentina Pisanty che accusava Mattogno di metodi capziosi e scorretti e di falsificazione dei documenti.
Sulla stessa falsariga, Carlo Mattogno afferma di "(essere) il revisionismo storico in Italia" e di aver "gettato nella costernazione i santoni della nuova religione olocaustica", che si imporrebbe nel mondo tramite una "nuova Santa Inquisizione Olocaustica".
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