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- Pietro Germi - Il Cammino della Speranza[TNTVILLAGE] -


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Categoria bittorrent DVD
Descrizione
PIETRO GERMI

IL CAMMINO DELLA SPERANZA


:::->LOCANDINA <-:::



Il cammino della speranza

Paese: Italia
Anno: 1950
Durata: 100\'
Colore: B/N
Rapporto: 1,33:1
Genere: drammatico
Regia: Pietro Germi
Soggetto: Pietro Germi, Federico Fellini, Tullio Pinelli
Sceneggiatura: Federico Fellini, Tullio Pinelli
Produttore: Luigi Rovere

Interpreti e personaggi

   * Raf Vallone: Saro Cammarata
   * Elena Virzi: Barbara Spadaro
   * Saro Urzì: Ciccio Ingaggiatore
   * Franco Navarra: Vanni
   * Liliana Lattanzi: Rosa
   * Mirella Ciotti: Lorenza
   * Saro Arcidiacono

Fotografia: Leonida Barboni
Montaggio: Rolando Benedetti
Musiche: Carlo Rustichelli e Franco Li Causi

Premi:

   * Orso d\'argento al Festival di Berlino.


:::->TRAMA E RECENSIONE<-:::

La chiusura di una solfara lascia senza lavoro gli abitanti di un piccolo paese della Sicilia. Le proteste e la lotta che culmina in momenti drammatici, non servono a nulla e la disperazione induce alcuni ad ascoltare la proposta di Ciccio che promette – dietro adeguato compenso – di farli emigrare in Francia. Anche se la paura è grande, tutti si privano dei pochi, sacrificati risparmi e li consegnano a Ciccio, pronti a partire verso il nord con le famiglie. Inizia il lungo viaggio attraverso l’Italia. Tra gli emigranti ci sono Saro (vedovo con prole) e Barbara, legata al pregiudicato Vanni, il quale all’ultimo momento si unisce al gruppo. Alla stazione di Roma Ciccio – che ha denunciato Vanni – scompare e tra gli emigranti iniziano a serpeggiare incomprensioni e sfiducia. Vanni riesce ad evitare l’arresto, ma ai suoi compagni viene consegnato il foglio di via. Il gruppo decide di continuare comunque il cammino verso la Francia. In Emilia vengono ingaggiati per il raccolto in una fattoria durante uno sciopero dei braccianti del luogo, con i quali ingaggiano uno scontro in cui la figlia di Saro viene ferita al capo da un sasso. Costretti a partire dal precipitare degli eventi, si allontanano lasciando Saro con la figlia inferma e con Barbara. Il gruppo si riunisce alla frontiera, dove giunge anche Vanni che, geloso del legame nato tra Barbara e Saro, affronta il rivale in un duello rusticano sulla neve. Superata la frontiera gli emigranti vengono fermati dai finanzieri francesi i quali, appreso da dove sono partiti, li lasciano passare.

Lungo i confini troverete sempre i soldati, soldati dell’una e dell’altra parte, con diverse uniformi e diverso linguaggio, ma quassù, dove la solitudine è grande, gli uomini sono meno soli e certamente più vicini che nelle vie e nei caffè delle nostre città dove la gente si urta e si mescola senza guardarsi in faccia... Perché i confini sono tracciati sulle carte, ma sulla terra come Dio la fece, per quanto si percorrano i mari, per quanto si cerchi e si frughi lungo il corso dei fiumi e lungo il crinale delle montagne, non ci sono confini, su questa terra.
(Pietro Germi, voce over in Il cammino della speranza)

L’anno precedente Germi aveva affrontato, con In nome della legge, il problema della mafia, secondo i moduli del western. Ora con Il cammino della speranza, narra l’odissea di un gruppo di disperati, secondo il modulo del viaggio e sullo schema del fordiano Furore. C’è, nel racconto, affanno, vigore, ridondanza. Non scabra e “sporca” come di solito nei film del neorealismo, la fotografia – accuratamente effettata, a volte levigata, a volte di suggestivo impasto – aggiunge alla storia una patina di nobile artificio. Anche se il film nasce da un’analisi seria della situazione meridionale, la troppo incalzante drammaticità ed il “colore” eccessivo attenuano il valore della testimonianza. Per contro, essendo Germi un buon narratore ed un attento regista, certe figure di contorno e la fierezza di certi caratteri suscitano qua e là commozione autentica. Così il turgore naturalistico di molti passaggi (la fuga di Ciccio alla stazione Termini, lo sciopero, il duello sulla neve, ecc.) si innesta su una dolente visione delle pene umane, contrassegnata dalla constatazione – cristiana, umanitaria, pessimistica – che il lottare non sempre serve a qualcosa. Non un film consolatorio ma, piuttosto, la presentazione, accesa e romanzesca (e anche veristica), di una povertà rabbiosa che cerca riscatto con i mezzi più disparati.
(Maurizio Del Vecchio, in Fernaldo Di Giammatteo, Dizionario del cinema italiano)

Ci sono film che hanno il destino e la fortuna di incarnare stati d’animo condivisi da una larga collettività in un particolare momento e capaci, in forza di questo requisito, di imporre rivoluzionarie trasformazioni nel linguaggio; altri che, invece, proprio lavorando su tali trasformazioni, mostrano e rivelano stati d’animo ancora dispersi e non oggettivati, anticipandoli. Ossessione potremmo considerarlo come esempio del secondo caso, Roma città aperta del primo. Ci sono registi che fanno film per capire cosa è successo, altri per dominarlo, scriverlo, aiutare a cambiarlo o semplicemente amarlo. Germi attraversa e sfugge a tutte queste categorizzazioni attraverso le quali si potrebbe, grossolanamente, raggruppare il lavoro di registi come Rossellini, Visconti, De Sica. Il cammino della speranza, rispetto a queste distinzioni, occupa tuttora uno spazio indefinibile, quello di un affresco epico, mitico e misterioso, la cui potenza drammatica ed espressiva è irriducibile alle concezioni di cinema che circolavano nella cultura in cui prese corpo.[...] Se In nome della legge metteva apertamente in gioco le funzioni e lo schema narrativo e linguistico di un genere, il western, Il cammino della speranza sembra invece rivolgersi ad un modello privo di genere, ma anche di teorizzazioni univoche, che all’epoca era quasi impossibile identificare con quello del «capolavoro neorealista» o del romanzo sociale (Furore è in genere il modello più esplicitamente citato, anche dallo stesso regista).[...] Da una parte oggi sembra superare e compiere d’istinto proprio quel passaggio dalla cronaca al romanzo che era considerato il passaggio naturale e necessario dal neorealismo alla fase successiva; dall’altra, l’intensità del suo formalismo sembrava allora negare alle fondamenta il principio dell’autosufficienza dell’osservazione, dell’abolizione di ogni diaframma, della presa diretta della realtà che era alla base della sua estetica. Da una parte sembrava assumere senza riserva il suo carattere morale (essere dalla parte di chi soffre) dall’altra falliva caparbiamente nell’analisi ideologica e sociale dell’ingiustizia, della povertà, della subordinazione, puntando con tutti i mezzi di cui disponeva a commuovere il pubblico, sottraendosi intenzionalmente a un vero e proprio messaggio di speranza, limitandosi ad arrestarsi prima di una inequivocabile conclusione positiva e lasciandone la responsabilità allo spettatore.
(Mario Sesti, Tutto il cinema di Pietro Germi)

Il film ebbe un cammino non meno difficile di quello dei suoi personaggi. In un primo tempo fu addirittura privato dei contributi ministeriali straordinari (che fino ad allora non erano mai stati negati, nemmeno al più infimo dei film): lo si giudicò infatti privo dei necessari requisiti tecnici ed artistici [...] poi, anche se i contribuiti gli vennero concessi da una commissione d’appello presieduta dal già onnipresente Andreotti, il film dovette comunque subire vari tagli, in particolare nelle sequenze in cui la polizia, descritta una volta tanto con un certo realismo, non ci faceva una gran figura. [...] Il cammino della speranza inizia in un certo senso dove finiscono In nome della legge e La terra trema: da una miniera chiusa, da una presa di coscienza che induce ad abbandonare la terra natia per recuperare sotto altri cieli il diritto al lavoro e alla dignità. Se In nome della legge era neorealismo romanzesco, Il cammino della speranza è neorealismo epico, una ballata popolare scandita dalle note malinconiche ma non rassegnate di Vitti ‘na crozza. È un film tutto italiano, ai limiti del regionalismo, un viaggio morale attraverso il paese, da Sud a Nord, come quelli di Paisà (Roberto Rossellini, 1946) e del futuro Stanno tutti bene (Giuseppe Tornatore, 1990).[...] Ma potrebbe essere anche una storia americana degli anni bui, e se un rimando appare davvero inevitabile è quello a Furore (1940) di John Ford: gli stessi poveri, perché i poveri sono uguali dappertutto; la stessa gente costretta a lasciare per sempre la terra dov’è nata e dove non potrà morire; lo stesso viaggio, stipati come bestie, attraverso la miseria e verso la speranza; gli stessi sguardi muti in cui al fondo della tristezza e della rassegnazione si accende ogni tanto qualche lampo di rabbia o perlomeno di consapevolezza.
(Enrico Giacovelli, Pietro Germi)

:::->CARATTERISTICHE DEL DVD9<-:::

Durata: 97\'
Lingue: ITALIANO  
Sottotitoli: INGLESE - ITALIANO e ITALIANO PER NON UDENTI
Formato Video: 1.33:1
Compressione: NESSUNA
Programmi utilizzati: DVD Decrypter, Subtitle Workshop, Subtitle Creator, PGC Demux, Muxman, VobBlanker
Contenuti Extra: - FILMOGRAFIE - GALLERIA FOTOGRAFICA - INTERVISTA AD ANTONIO COSTA
I PROBLEMI CON LA CENSURA - PRESENTAZIONE CINEMATOGRAFICA ORIGINALE





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Aggiunto 18.08.09 - 12:08:11
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