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- Pier Paolo Pasolini - Porcile[TNTVILLAGE] -


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Descrizione
Pier Paolo Pasolini

PORCILE  
PIGSTY





La Tartan Video ha dedicato a Pier Paolo Pasolini due cofanetti contenenti ognuno 3 DVD con

altrettanti films.
Qui presento Porcile (Pigsty) incluso nel cofanetto vol.2.


:::->Scheda del film<-:::

Porcile
1968-69

Scritto e diretto da Pier Paolo Pasolini
Fotografia Armando Nannuzzi (primo episodio), Tonino Delli Colli, Giuseppe Ruzzolini (secondo episodio); costumi

Danilo Donati; musica orginale Benedetto Ghiglia; montaggio Nino Baragli; aiuti alla regia Sergio Citti, Fabio

Garriba; assistente alla regia Sergio Elia.Interpreti e personaggi Primo episodio: Pierre Clementi (1° cannibale);

Franco Citti (2° cannibale); Luigi Barbini (il soldato); Ninetto Davoli (Maracchione, il testimone); Sergio Elia (un

domestico). Secondo episodio: Jean-Pierre Léaud (Julian); Alberto Lionello (Klotz, il padre); Margherita Lozano

(Madame Klotz, la madre, doppiata da Laura Betti); Anne Wiazemsky (Ida); Ugo Tognazzi (Herdhitze); Marco Ferreri

(Hans Günther, doppiato da Mario Missiroli).
Produzione primo episodio Gianni Barcelloni Corte, BBG; produzione secondo episodio Gian Vittorio Baldi e IDI

Cinematografica (Roma), I Film dell\'Orso, CAPAC Filmédis (Parigi); pellicola Kodak Eastmancolor: formato 35 mm,

colore; macchine da ripresa Arriflex; sviluppo e stampa Technostampa; doppiaggio CID; sincronizzazione e

sonorizzazione: NIS Film; distribuzione INDIEF.
Riprese: Primo episodio, novembre 1968, esterni: Valle dell\'Etna, Catania, Roma. Secondo episodio, febbraio1969,

esterni-interni Verona, Stra, Villa Pisani; durata 98 minuti.
Prima proiezione \"di protesta\" Cinema Cristallo di Grado, 30 agosto 1969. Prima proiezione ufficiale XXX Festival di

Venezia, 30 agosto 1969.



TRAMA

Nel primo episodio un giovane che vive isolato alle falde di un vulcano, nutrendosi famelicamente di rettili,

insetti e sterpi, incontra un soldato, lo uccide e lo mangia. Improvvisamente altri sbandati si uniscono a lui e

insieme continuano a vivere da cannibali, assaltando, violentando e squartando un gruppo di ragazze. Nel secondo

episodio il giovane figlio di un ricco industriale tedesco sdegna le profferte amorose della fidanzata perché

invischiato in rapporti con dei porci e rifiuta sia di aderire alla contestazione sia di interessarsi dell\'azienda

paterna.


RECENSIONE

L’Italia è un paese di moralisti, basta guardare le terze pagine dei giornali e le rubriche di critica dei

rotocalchi per convincersene. Ma il moralismo che altrove è bigotteria, qui è spesso solo la maschera sufficiente di

un buon senso incomprensivo e smarrito. La società italiana nel suo complesso è estranea alla cultura occidentale di

cui, però, pretende di far parte. Refrattaria alla tematica moderna, nasconde il suo imbarazzo dietro il moralismo.

Si veda, a questo proposito, l’accoglienza, in fondo moralistica, che è stata fatta a Porcile di Pier Paolo

Pasolini, al festival di Venezia, da alcuni critici e da molti spettatori. Porcile, manco a farlo apposta, è il

miglior film di Pasolini dopo Accattone e La ricotta. Ma ha il torto di affrontare un tema tra i più importanti del

mondo moderno: l’impossibilità per l’individuo dissenziente o anche semplicemente “diverso” di esprimersi e di

vivere in società corrotte (altri dicono alienate) che creano i tabù per difendere non già la cuItura (come le

società primitive) ma gli interessi. Col risultato, alla fine, di sopprimere la cultura. In Porcile ci sono due

storie alternate e complementari. Una delle storie si svolge nella Germania moderna; l’altra in un fiabesco paese

meridionale respinto in un fiabesco Cinquecento cattolico e spagnolesco. Ovviamente quello che importa a Pasolini è

il giudizio storico. Così l’astorico episodio criminale del Cinquecento illumina “astoricamente” lo storico episodio

sociale del nazismo. A sua volta questo illumina “storicamente” l’astorico episodio cinquecentesco. La domanda di

fondo, poi, è pur sempre la stessa: perché il nazismo? Pasolini risponde che il nazismo c’è stato perché si debbono

salvare gli interessi. A costo di diventare cannibali. Di che si tratta, insomma? Nella storia cinquecentesca, un

giovane, dopo aver ucciso il proprio padre, cioè dopo essersi rivoltato contro un’istituzione fondamentale, si

rifugia in desolate solitudini vulcaniche, simbolo di analoghe solitudini morali, e lì si nutre di carne umana,

uccidendo dei passanti. Sarà catturato e condannato, secondo la legge del taglione, ad essere divorato a sua volta

dai lupi. Nella storia contemporanea, è la società ad essere cannibale, la società nazista nutrita dei cadaveri dei

lager. Il protagonista si ribella ad una simile società che permane inalterata fino ad oggi, e preferisce all’amore

umano il rapporto sessuale con gli animali. Amante di una scrofa, il giovane, alla fine, viene divorato dai maiali.

Il carattere unitario del film deriva soprattutto dall’incastro perfetto degli elementi che lo costituiscono. Da una

parte una società tradizionale costringe il “diverso” al cannibalismo; dall’altra una società cannibalesca costringe

il “diverso” alla zoofilia. In ambedue i casi quello che conta non è il carattere della società ma il fatto che ci

sia una società. Quanto dire che tutte le società sono antropofaghe. Porcile non ha gli sbalzi dannunziani tra

mitologia e naturalismo di Edipo Re; né le compiacenze formali e le sforzature ideologiche di Teorema. È un film

coerente, ispirato, realistico. La lezione di Mizoguchi è stata utile a Pasolini per l’episodio dell’Etna; quella di

Jean-Marie Straub per l’episodio tedesco. Ma si veda com’è pasoliniano il film, e del migliore Pasolini, del più

lucido e del più pietoso. Il cannibalismo, qui è visto senz’ombra di morbosità, come una catastrofe morale e

storica. Vien fatto di ricordare il passo di Schopenhauer: “L’ingiustizia si esprime in concreto nel modo più

compiuto, più caratteristico e più tangibile col cannibalismo: questo è il suo tipo più chiaro ed evidente,

l’orrenda immagine del massimo contrasto della volontà con se medesima, nel grado supremo della sua oggettivazione,

che è l’uomo.” La stessa misura classica si nota nell’episodio nazista. Grandi ambienti storici, grande musica; ma,

sotto, la orrenda antropofagia dei lager. Forse avremmo preferito che Pasolini ci raccontasse con le immagini la

vita, gli amori e la morte del suo zoofilo, ricavato, se non erriamo, dalle pagine della Psychopathia Sexualis di

Krafft-Ebing. Il cinema è audiovisivo, d’accordo. Ma a teatro il drammaturgo fa raccontare un avvenimento in quanto

“non può” rappresentano in azione. Il cinema può. Pasolini ha saputo stimolare gli interpreti a risultati espressivi

notevoli. Ricordiamo anzi tutto Pierre Clementi, un Cristo cannibale indimenticabile, e accanto a lui Alberto

Lionello, Jean-Pierre Leaud, Ugo Tognazzi, tutti molto bravi; autentica rivelazione, Marco Ferreri.
Da Al cinema, Bompiani, Milano, 1975 [-]

SCREENSHOTS




NOTE:

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Audio = Italiano Ac3
Sottotitoli = Inglese
Cover = Non inclusa

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