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Antonio Fogazzaro - Leila [Pdf Epub Mobi Ita] [TNTvillage]







Le domando un Dio che io possa adorare nei boschi di Dasio, nel burrone della cascata, sulle onde del lago, in una camera nuziale; che non m'imponga mediatori ufficiali; che mi domandi solamente amore e mi proibisca solamente odio; che non mi torturi l'intelligenza con dogmi incomprensibili, non mi annoi con pratiche tediose, non pretenda allettarmi con paradisi nè atterrirmi con inferni.


Autore : Antonio Fogazzaro
Titolo: Leila
Lingua: Italiano
Genere: romanzo
Edizione: Mondadori  1932
Fonte: LiberLiber – Progetto Manuzio
Dimensione del file: 21 MB
Formato del file: Pdf Epub Mobi



Leila è il romanzo conclusivo della tetralogia fogazzariana


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Leila è incentrato sulle vicende del discepolo di Benedetto, Massimo Alberti, alla ricerca della sua identità spirituale ed umana.
Per sfuggire l’atmosfera ostile di Milano, incapace di accettare le sue idee di rinnovamento religioso, considerate eretiche dai benpensanti, trova rifugio in un piccolo centro della Val d’Astico, invitatovi dal curato che aveva avuto modo di conoscere ed amare Benedetto. Massimo viene ospitato a casa di Marcello Trento, padre di Andrea, un suo amico morto qualche anno addietro, e vi trova anche l’allora fidanzata, Lelia, adottata dall’anziano aristocratico dopo la morte del figlio, e ormai prossimo anch’egli alla morte.
I due giovani, entrambi orgogliosi e già segnati da vicende dolorose, faticano ad accettare di essersi innamorati e restano a lungo divisi da una diversa visione della vita e della religione.
Massimo segue pienamente l’insegnamento di Benedetto, anche a costo di essere rigettato dalla società e dalla Chiesa, meditando addirittura di uscire definitivamente dal cattolicesimo; temperamento acceso ma anche ben radicato nella realtà, fatica a comprendere perché Lelia gli si neghi. Per cercare la calma spirituale e personale, accetta il posto di medico condotto a Valsolda, in attesa della traslazione a Oria delle spoglie di Benedetto, provvisoriamente sepolto al Varano.
Lelia è di animo appassionato, diffidente e di una religiosità molto tiepida, più di riflesso che intimamente sentita. Convinta che cedere all’amore di Massimo sarebbe atto di debolezza, preferisce allontanarlo per poi tormentarsi per la decisione presa.
Per pervenire ad un definitivo ricongiungimento, i due giovani dovranno attraversare altre sofferenze, accettare di mettere da parte l’orgoglio e fare finalmente chiarezza nella loro posizione nei confronti della religione.
Alla storia di Massimo e Lelia si intrecciano le storie degli altri personaggi: l’anziano Marcello, Donna Fedele, i servitori e gli abitanti della Val d’Astico, i sacerdoti. Con toni a volte severi a volte ironici, a volte amari e altri scherzosi, Fogazzaro completa il quadro d’insieme tratteggiando la variegata società di provincia che altro non è che lo specchio della più ampia società delle grandi città.
Con la conclusione del romanzo si chiude anche il cerchio della tetralogia: l’ultimo atto si svolge in Valsolda e riappare anche, fugacemente, l’ombra di Jeanne, che si dilegua senza rivelarsi: il passato viene finalmente accettato e apre al futuro.



Dal modernismo alla modernità


Nella conferenza su Les idèes religieuses de Giovanni Selva tenuta il 18 gennaio 1907 all’Ecole des Hauts Etudes sociales di Parigi davanti ad un pubblico di “liberi pensatori”, oltre che di letterati, preti e signore, Antonio Fogazzaro dichiarava la sua fedeltà alla Chiesa ed il suo deciso distacco dalle problematiche intellettuali e critiche del modernismo: il n’est pas moderniste. Il hait le mot et la chose. Il lui suffit largement d’être moderne”(Non è modernista. Odia la parola e la cosa. Gli basta largamente essere moderno).
In questa antitesi tra modernismo e modernità c’è tutto lo stato d’animo dell’autore in questo periodo, quando, a distanza di circa nove mesi dalla condanna all’Indice del romanzo Il Santo, sente il bisogno di manifestare pubblicamente il suo attaccamento alla Chiesa senza rinunziare a quel rinnovamento della vita religiosa che doveva puntare, in sintonia con il più ortodosso cattolicesimo, sulla superiorità della carità, di un amore attivo che fosse “azione e vita”.
Quando, perciò, nel 1908 comincia a scrivere il suo nuovo romanzo Leila che, pubblicato nel 1910, doveva segnare la fine della sua attività letteraria, Fogazzaro era ormai distante dalle posizioni dei modernisti ma con il desiderio ancora vivo di trovare le radici della modernità, cercate ora attraverso i “motivi più genuini della sua ispirazione artistica ”
“Non è più una voce in favore del modernismo quella del Fogazzaro, che ancora si leva con il romanzo ‘ Leila ’: l’opera segna piuttosto un ritorno dello scritto re vicentino sui motivi più genuini della sua ispirazione artistica, un ripiegamento sui sentimenti più semplici e vivi; rappresenta, sul piano religioso, un distacco dal modernismo con i suoi problemi e le sue polemiche”.
Se, perciò, Leila è innanzitutto “come un atto di liberazione del Fogazzaro dal mondo di polemiche teologiche e di condanne ecclesiastiche, per ritrovare se stesso come artista”, sul piano più squisitamente letterario questo significa, per il lettore, trovarsi di fronte ad un romanzo che non nasce da una tesi, ben diverso quindi da Piccolo mondo moderno e dal Santo, e più vicino invece alle linee artisticamente ispirate di Malombra e di Piccolo mondo antico. Su questo versante una sia pur necessariamente veloce analisi delle componenti del racconto si rivela utile a cogliere consonanze e divergenze, ma anche la specificità di una impostazione narrativa a cui lo scrittore affida la sua concezione della modernità.
Così colpisce soprattutto il sistema dei personaggi del romanzo, dove si attua una contrapposizione estrema tra due mondi. Da un lato, infatti, ci sono i personaggi negativi, espressione, pur con varie sfumature, di una umanità falsa ed ipocrita: don Tita Fantuzzo, arciprete di Velo d’Astico “buono in fondo ma limitato di cultura e piuttosto freddo, piuttosto duro di cuore”; il giovane cappellano don Emanuele, di origine nobiliare, “buon simulatore” in cui si vedeva “il virgulto prelatizio” anche perché aveva a Roma uno zio Cardinale; la signora Bettina Pagan, vedova Fantuzzo, cognata di don Tita, che “non attendeva che alla santificazione sua propria”; il ragioniere Girolamo Camin, padre di Lelia, “pratico di doppi fondi e solito renderli innocui colle sue risate cretine”; il faccendiere dottor Francesco Molesin per cui “il mentire era un elemento costitutivo di qualunque affare”.
Dall’altro lato ci sono i personaggi positivi che con la loro umanità e religiosità autentiche si rivelano i custodi della tradizione e della ortodossia religiosa: don Aurelio, che è un sacerdote “del tipo di Don Giuseppe Flores, rosminiano, umile, obbediente, evangelico, punto modernista, ma pieno di carità verso tutti a cominciare dai suoi nemici”; Marcello Trento in cui lo scrittore ha voluto ritrarre suo padre da vecchio; donna Fedele che è, per esplicita dichiarazione dell’autore, la cugina della moglie, la Marchesa Angelina Lampertico Mangilli, che “mi rappresentava quel tipo di religiosità ch’è il più alto nella mia mente”.
Nelle Note su “Leila” Fogazzaro punta l’attenzione soprattutto su queste ultime due figure in cui, dice, ha voluto glorificare le tradizioni religiose dell’ambiente in cui nacque. Proprio l’insistenza sulla ortodossia tradizionale di questi due personaggi autobiografici indica la volontaristica reazione al modernismo che è alla base del romanzo: “Ho scritto di proposito un libro che non può censurarsi in nome della ortodossia, né della morale, che solo in nome del fariseismo si può censurare”.
Questo spiega anche perché tutti i personaggi positivi del romanzo siano al di fuori delle polemiche moderniste, da don Aurelio che “non era uomo di combattimento” ed esplicitamente dichiara di non essere modernista, a Marcello Trento che sostiene che “non vi ha che un solo modernismo buono ed è quello di Dante”, a donna Fedele che “aveva un a fede semplice, non si occupava né voleva occuparsi delle questioni religiose che dividono i credenti” e che era “ignara di modernismo e di antimodernismo”.
Questo sistema dicotomico dei personaggi fa sì che una larga parte del romanzo abbia una impostazione polemica, ed a ciò si deve probabilmente la negativa accoglienza della critica e la quasi unanimità di dissensi, oltre la messa all’Indice del romanzo l’8 maggio 1911, a due mesi di distanza dalla morte di Fogazzaro. Ma questo spiega anche che il cuore del romanzo non va cercato né nella spesso comica descrizione di una società falsa ed ipocrita, su cui si appuntano i duri giudizi dell’autore anche attraverso sottili e raffinate analisi psicologiche, né nella rappresentazione dell’altra umanità, quella degli anziani personaggi positivi, dove comunque l’autore trova gli accenti felici e nostalgici della rappresentazione di un piccolo e sano mondo antico. Gli emblemi sono i luoghi in cui questi personaggi vivono, di cui alcuni autobiograficamente significativi, come ad esempio la Montanina (villa dove Marcello Trento vive con la giovane Lelia, che avrebbe dovuto sposare il figlio poi prematuramente scomparso) che corrisponde in tutti i suoi particolari, anche nel nome, alla villa che Fogazzaro si era fatta costruire tra Arsiero e Velo poco prima del 1908; o come, ancora, il villino delle Rose, dove vive la “dama bianca” donna Fedele, che riproduce un villino di parenti dello scrittore; mentre la “povera casuccia” di don Aurelio, minuziosamente descritta nel romanzo, si presenta come il correlativo oggettivo di una ricchezza interiore fatta di cose povere ma spiritualmente elevate, tra cui spiccano le opere complete di Antonio Rosmini.
Tra questi due mondi contrapposti, che si caratterizzano, in positivo e in negativo, per la staticità della loro fisionomia, si collocano i due protagonisti del romanzo, Massimo Alberti e Lelia, che invece compiono, sia pure in maniera diversa, un sofferto cammino verso una dimensione autenticamente umana e religiosa, che li rende depositari della concezione fogazzariana di una modernità che nasce e si sviluppa attraverso lo scontro con la negatività del mondo e l’accoglienza della positività della tradizione. Da questo punto di vista non è forse tanto importante, anche se vero, che il romanzo sia un unicum nell’itinerario fogazzariano, perché è il solo romanzo che si conclude con il lieto fine del matrimonio, con il superamento del contrasto tra lo spirito e i sensi e con la “fondazione di una famiglia cristiana nel quadro di un cristianesimo rinnovato e moderno”.
E non è nemmeno fondamentale, anche se significativo, che “la problematica dei rapporti umani acquista poi in Leila un rilievo interessantissimo e diventa una presenza costante che si estende a tutta l’area narrativa (fino a riflettersi nei titoli stessi di alcuni capitoli: Fusi e fila, Trame, Forbici, Sante alleanze ecc.)”.
Ciò che è interessante piuttosto evidenziare è la freschezza con cui il vecchio romanziere aveva tratteggiato la storia d’amore fra Leila e Massimo, la “vitalità d’azione” di quest’ultimo romanzo (che dipende soprattutto dalla figura di Lelia), la dinamicità di un percorso che coinvolge i due protagonisti alla scoperta dell’amore, nella sua dimensione umana e cristiana, come elemento di soluzione delle conflittualità interiori ed esteriori.
Ciò avviene innanzitutto in Massimo Alberti, la figura del romanzo più intimamente legata sia a ragioni autobiografiche (in lui Fogazzaro rappresenta in parte se stesso in parte l’amico Tommaso
Gallarati Scotti) sia a ragioni strettamente letterarie e narrative (il personaggio è una sorta di sintesi di tutti i protagonisti maschili dei romanzi precedenti, unificando in sé l’inettitudine del Corrado Silla di Malombra, il superomismo di Daniele Cortis, la concezione spiritualistica dell’amore presente nel Mistero del poeta, la sensualità erotica del Piero Maironi di Piccolo mondo moderno, la tensione al rinnovamento religioso del Santo). Il suo cammino, all’interno della trama narrativa, è fatto di tre momenti essenziali.
Nel primo il personaggio è rappresentato nella sua “tentazione di ritrarsi dal campo di azione religiosa”, dalle “aspre guerre”, dalle “contumelie che si era tirate addosso da diverse parti”, nella sua “stanchezza di spirito” e nel “desiderio di pace che lo avevano condotto alle solitudini montane di Velo d’Astico”. Ma già in questo primo momento si profila all’orizzonte un'alternativa, l’attrazione verso quella “sete di amore e di gioia” che avverte nella musica improvvisata di Lelia il primo giorno del suo arrivo alla Montanina.
Il punto di arrivo di questa prima fase del cammino del personaggio è in quel “sogno fisso dei suoi giorni e delle sue notti: uscir del mondo, dimenticarlo, passar la vita con lei, in qualche solitudine di montagna, facendo il medico, servendo gli uomini, praticando la religione colla tacita libertà dell’anima, inespugnabile da qualsiasi dispotismo”. Ma l’ostacolo in questa incipiente storia d’amore è dato dall’orgoglio, che caratterizza il secondo momento della storia del protagonista e che si esprime soprattutto nel capitolo sesto (non a caso intitolato Nella torre dell’orgoglio), dove Massimo Alberti si ritrova solo, con le sue idee di rinnovamento religioso, osteggiato da clericali e modernisti, con l’amara sensazione di avere tutto il mondo (compresa Lelia) contro: “Massimo, rimasto solo, si avviò a casa. Era contento di sé, amaramente, fieramente. Si stava bene, a fronte di Lelia, a fronte dello zio, a fronte del mondo nemico, del mondo schernitore, del mondo indifferente, nella sua torre di orgoglio”.
Per uscire da questa “torre d’orgoglio”, dopo aver fatto esperienza di una profonda crisi umana e religiosa che lo porta a rifiutare il mondo e l’amore, l’autorità della Chiesa e la stessa fede religiosa, è necessaria una sorta di conversione laica, il passaggio, cioè, ad una fede incarnata nella vita, lontana dalle dispute sulle “cose religiose”, e che si alimenta di un amore concreto verso il prossimo e di un amore (“coll’anima e coi sensi”) con una donna che possa esser e la compagna in questa vita rinnovata. E ’ in questo terzo momento, perciò, che il protagonista può superare le sue difficoltà religiose, vivendo la fede all’interno della Chiesa, e tutte le difese orgogliose nei confronti dell’amore: “Non ho più quel rifugio, quell’asilo di sdegno e di disprezzo nel quale ho cercato fino a ieri una difesa contro l’amore”.
In questo cambiamento si attua finalmente l’incontro decisivo con Lelia, che può così vivere una sorta di rinascita umana (il cui emblema diventa il cambiamento del nome da Lelia a Leila), dopo un tortuoso e tormentato cammino interiore ed esistenziale.
La rinascita di Lelia diventa il punto di arrivo di un cammino che va “dalla cupa e sterile fedeltà (al fidanzato morto) al tentato suicidio e infine alla decisione di raggiungere Alberti in Valsolda”, incontrandosi perciò con l’analoga rinascita di Massimo Alberti e diventando il preludio alla realizzazione di quella “unione idealmente umana, idealmente cristiana, idealmente bella” che già don Aurelio aveva auspicato per i due protagonisti.
Certo è che in questa conquistata reciprocità d’amore, la figura di Lelia “non si limita a un ruolo subordinato alla vocazione inquieta di Massimo o a una strumentalità quasi passiva, com’era per Violet […]; al contrario, Lelia - Leila è in grado d’influire sulla evoluzione di Massimo, restandone a sua volta condizionata”.
Ed è quello che accade nella ritrovata dimensione religiosa della protagonista, che arriva al desiderio di un Dio “che io possa adorare nei boschi di Dasio, nel burrone della cascata, sulle onde del lago, in una camera nuziale”, e che suscita in Massimo Alberti la tensione verso una rinnovata e condivisa ricerca di una fede che non è rinnegamento del passato ma apertura verso il futuro: “la cercheremo insieme, una fede […] Le idee che mi furono tanto care, per le quali ho combattuto e sofferto, mi permetterebbero di adorare Iddio nei boschi di Dasio e nel burrone della cascata, in faccia alla punta di dolomia e in una camera nuziale. Mi farebbero accettare senza tortura dogmi incomprensibili e osservare senza tedio pratiche imposte”. E’ questa, per l’ultimo Fogazzaro, la via verso la modernità che, senza rinnegare la tradizione né le idee di rinnovamento, ma prendendo le distanze dalla dimensione intellettuale del modernismo, esprime i segni della riconciliazione delle due dimensioni, ma anche dell’uomo con se stesso e con gli altri attraverso la forza dell’amore.(Vincenzo Crupi – italianisti.it)









Antonio Fogazzaro nasce a Vicenza il 25 marzo 1842. Nell'ambiente famigliare agiato e patriottico - la famiglia è impegnata nella lotta antiaustriaca - riceve un'educazione di stretta osservanza cattolica. Sulla sua formazione influisce profondamente Giacomo Zanella, suo insegnante al Liceo di Vicenza; questi non solo stimola in Fogazzaro la vocazione alla letteratura ma gli trasmette anche l'interesse per il problema del rapporto tra fede religiosa e progresso scientifico, tema che diventerà centrale nella ideologia del futuro scrittore e poeta.
Sugli interessi letterari nonché sulla intima sensibilità, influiranno anche gli scrittori e i poeti del secondo romanticismo, assieme ad alcuni fra i più noti scrittori stranieri, tra i quali Victor Hugo.
Dopo un periodo trascorso tra Padova e Torino, dove Fogazzaro consegue la laurea in Legge nel 1864, pratica per un breve periodo la professione di avvocato, prima a Torino, poi a Milano.
Sposa nel 1866 la contessa Margherita di Valmarana e successivamente si trasferisce a Milano dove la propria vocazione letteraria e la decisione di cambiare percorso professionale, trovano una decisiva maturazione. Torna a Vicenza dopo tre anni e si dedica completamente all'attività letteraria.
L'esordio letterario avviene nel 1874 con il poemetto "Miranda"; del 1876 è la raccolta di liriche "Valsolda": queste anticipano vari temi della sua produzione successiva. Il primo romanzo, "Malombra", viene pubblicato nel 1881; poi è la volta di "Daniele Cortis" (1885), "Il mistero del poeta" (188, "Piccolo mondo antico" (1895).
Fogazzaro intanto allarga i suoi interessi culturali, affrontando i temi della filosofia positivista e dell'evoluzionismo darwiniano.
E' dopo il grande successo di "Piccolo mondo antico" che si intensifica la sua produzione letteraria. Escono "Poesie scelte" (1897), "Sonatine bizzarre" (1899), "Minime" (1901). Il 1901 è l'anno del suo primo lavoro teatrale dal titolo "El garofolo rosso", che confluirà - insieme ad altri due bozzetti teatrali - nel volume "Scene" (1903). Autore oramai affermato Antonio Fogazzaro diviene sempre più personaggio impegnato nella vita pubblica; il suo nome si impone anche in ambito internazionale, non solo grazie al successo dei suoi romanzi, ma anche e soprattutto all'eco delle sue conferenze di carattere ideologico-religioso. Nel 1898 tiene a Parigi un'importante conferenza su "Le grand poète de l'avenir", cui seguono i discorsi "La douleur dans l'art" (1899) e "Les idées réligieuses de Giovanni Selva" (1907). Il prestigio nazionale e internazionale cresce tanto che nel 1896 è nominato senatore.
Nel frattempo si intensificano i suoi rapporti con il movimento modernista, un movimento cattolico riformatore che ha l'obiettivo di avvicinare la religione alla cultura moderna. Attraverso i suoi romanzi "Piccolo mondo moderno" (1901) e soprattutto "Il Santo" (1905), Fogazzaro intraprende una battaglia ambiziosa, quella di rinnovare il cattolicesimo. "Il Santo" però viene posto all'Indice: Fogazzaro viene infatti sospettato di sostenere le tesi del modernismo, movimento che intanto papa Pio X aveva messo al bando dall'ortodossia.
Da buon cattolico quale è, lo scrittore fa atto di sottomissione, senza rinunciare però alle proprie convinzioni: così il suo ultimo romanzo, "Leila" (1910), sebbene avesse l'obiettivo di ritrattare la propria posizione, viene comunque condannato dal Sant'Uffizio.
Prima ancora di venire a conoscenza di quest'ultima condanna, Antonio Fogazzaro muore all'Ospedale di Vicenza, il 7 marzo 1911, durante un'operazione chirurgica.



1863 - Una ricordanza del Lago di Como, Vicenza, Paroni, (pubblicazione per le nozze Scola-Patella)
1865 - Albo veneziano: San Marco, Barcarola, Lido, Serenata, Vicenza, Longo, (pubblicazione per le nozze Clementi-Marchesini)
1868 - A mia sorella. Ode, (pubblicazione per le nozze Fogazzaro-Danioni)
1870 - Discorso tenuto al Teatro Olimpico per la dispensa dei premi agli alunni delle scuole serali civiche e rurali, Vicenza, Paroni
1871 - Najadi: 1. Al fonte, 2. Nel lago, Vicenza, Burato, (pubblicazione per le nozze Casalini-Barrera)
1872 - Dell'avvenire del romanzo in Italia, Vicenza, Burato, discorso
1874 - Miranda, Firenze, coi tipi dei succ. Le Monnier, poemetto in versi; nuova edizione a cura di Daniela Marcheschi, Bologna, Nuova S1, 2008
1876 - Valsolda, Milano, Brigola, raccolta di liriche dedicate al comune omonimo del comasco
1881 - Malombra, Milano, Brigola, romanzo
1885 - Daniele Cortis, Torino, F. Casanova, romanzo
1887 - Fedele e altre novelle, Milano, Galli, racconti
1888 - Il mistero del poeta, Milano, Galli, romanzo
1895 - Piccolo mondo antico, Milano, Galli, romanzo
1898 - Discorsi, Milano, Cogliati, saggio
1898 - Scienza e dolore. Discorso letto il 22 maggio 1898 nel Regio Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti, Venezia, Tip. Ferrari, saggio
1901 - Il dolore nell'arte, Milano, Baldini & Castoldi, saggio
1901 - Piccolo mondo moderno, Milano, Hoepli, romanzo
1905 - Il Santo, Milano, Baldini & Castoldi, romanzo
1910 - Leila, Milano, Baldini & Castoldi, romanzo


Leila
Copia anastatica digitalizzata dell’edizione Baldini & Castaldi del 1911
Conclusione inedita mai inserita dall’Autore

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