Categoria bittorrent | Musica |
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Descrizione | Miles Davis - Kind Of Blue
Artist Miles Davis
Title Kind Of Blue
Record Label Columbia Legacy Recordings CK 64935 01-0649935-10
Genre Jazz Instrument
Subgenre Modal/Jazz
Release Date March 25, 1997
Album Duration 55m:16s
Number of Discs 1
Source: Original CD
Size Torrent: 362 Mb
Scan Book Included
Extractor: EAC 0.99 prebeta 4
Read mode : Secure
Utilize accurate stream : Yes
Defeat audio cache : Yes
Make use of C2 pointers : No
Codec: Flac 1.2.1; Level 8
Single File.flac, Eac.log,
File.cue (Noncompliant)
Accurately ripped (confidence 200 )
The people Miles Davis asked for the recording sessions are:
Trumpet: Miles Davis;
Piano: Bill Evans (all others);
Piano: Wynton Kelly (Track 2);
Tenor saxophone: John Coltrane;
Alto saxophone: Julian “Cannonball” Adderley (except track3);
Bass: Paul Chambers;
Drums: Jimmy Cobb.
Track list
1. So What
2. Freddie Freeloader
3. Blue in Green
4. All Blues
5. Flamenco Sketches
6. Flamenco Sketches - (alternate take)
Listen to all
http://www.amazon.com/gp/recsradio/radio/B000002ADT/ref=pd_krex_dp_a
Kind of Blue recording sessions (5 of 5) - (miles davis)
http://www.goear.com/listen.php?v=b5751d7
http://www.goear.com/listen.php?v=d0b2643
http://www.goear.com/listen.php?v=aaaea8a
http://www.goear.com/listen.php?v=31491e6
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Listen complete track
http://www.goear.com/listen.php?v=eb03367
http://www.goear.com/listen.php?v=b8c911e
http://www.goear.com/listen.php?v=eb41bff
http://www.goear.com/listen.php?v=8f3ab5b
http://www.goear.com/listen.php?v=e1f6bc4
video
http://www.youtube.com/watch?v=RjwVwASlVn4
Recensione
Ho già recensito l\'album Miles Davis - Bitches Brew su richiesta di un\'amico, che come detto è album rivoluzionario per la nascita del Jazz
Elettrico(obiettivamente ostico all\'ascolto) per capirlo bisogna assolutamente calarlo nel periodo storico scritto era il 1969. Ma per capire
l\'evoluzione della musica di Miles Davis bisogna tornare indietro nel tempo (195 ed ascoltare assolutamente “Kind of blue” album che dà vita
al \"jazz modale\"!
Approcciarsi alla recensione di “Kind of blue” mette addosso, innanzitutto, una sorta di ansia da prestazione, in particolare in un individuo
come il sottoscritto che lo considera una delle più belle opere d’arte partorite dalla mente di un essere umano nel corso di tutto il secolo
appena trascorso. Un disco a proposito del quale sono stati versati ettolitri di inchiostro, reali o virtuali che siano, al cui riguardo sono
stati stesi veri e propri trattati, ed è stato scritto tutto (ma non il contrario di tutto, contravvenendo il celebre luogo comune,
considerato che non è mai giunta notizia alcuna di un osteggiatore dell’opera davisiana de qua), un disco che solitamente piace a chiunque,
dal jazzofilo accanito al rockettaro sfegatato e integralista, con la miriade di vie di mezzo possibili e immaginabili. Ma lasciamo da parte i
timori reverenziali (tuttavia doverosi come una dichiarazione d’amore) e procediamo, sperando di non dissacrare questa pietra miliare
dell’arte novecentesca con banalità eccessive dettate dall’impotenza di trascrivere in parole quella che, per chi scrive, è molto di più di un
semplice susseguirsi di note più o meno azzeccato, ed anzi è un generatore di emozioni sempre nuove e mai ripetitive, uno dei rari casi in cui
l’ascolto reiterato all’infinito di un disco non potrà mai venire a noia. Già solo nello sbirciare la lista dei musicisti che hanno
partecipato alle sessions da cui è nato “Kind of blue” si sospetta di trovarsi dinnanzi a qualcosa di grande: John Coltrane e Cannonball
Adderley rispettivamente al sax tenore e alto e Bill Evans al piano, per citare i nomi più altisonanti. Cosa mai potranno fare questi
personaggi sotto la direzione (spesso dispotica, va detto) di Miles Davis? Innanzitutto danno vita al jazz modale, che molta influenza avrà
dall’uscita di “Kind of blue” in poi per il futuro del jazz tutto, a cominciare da quello dello stesso John Coltrane, che prendendo questa
nuova via musicale come punto di partenza imboccherà la sua personale e mistica strada verso la New Thing (fenomeno invece mai approcciato da
Davis), sfornando capolavori immortali come “My favorite things” o “A love supreme” prima di arrivare ad album propriamente free quali
“Ascension”. Jazz modale, dicevamo, ovvero — in due parole — la liberazione dalla gabbia armonica degli accordi e la massima libertà
nell’improvvisazione, che fa appunto riferimento alle scale modali piuttosto che a quelle relative ai singoli accordi, e viene eseguita su
giri armonici molto più semplici rispetto agli stilemi del be bop e dell’hard bop in particolare, e di tutto il jazz ante “Kind of blue” in
generale. Un esempio di tutto ciò lo si ha fin dall’incipit del disco, con la celebre e meravigliosa “So what”, composta sostanzialmente da un
unico accordo — girato e rigirato in tutti i modi possibili e immaginabili, di tanto in tanto alzato o abbassato di un semitono (il che, in un
simile contesto, equivale ad un terremoto) — all’interno del quale si crea un vero e proprio microcosmo musicale parallelo, una musica nella
musica, un mondo a sé stante in un accordo. Questo è il jazz modale, questo è (un aspetto de) il genio di Miles Davis (e dei suoi compagni di
viaggio). Ma se è vero che “Kind of blue” è considerato all’unanimità il manifesto del jazz modale, altrettanto vero è che sarebbe riduttivo
considerarlo degno di nota “solo” per questo aspetto. La sua grandezza risiede anche (e soprattutto) altrove, altrimenti saremmo di fronte al
classico esempio di un disco considerato importante unicamente per la sua portata innovativa, operazione un po’ da archeologo musicale — utile
a riempire le pagine di storia della musica, un po’ meno a scaldare il cuore degli appassionati — e il bello è, invece, che il fatto che
questa sia un’opera seminale (che brutta parola) è solo un di più, un valore aggiunto, quasi ornamentale, che rende affascinante “kind of
blue” anche in termini storiografici ma che a nulla rileva per quanto concerne sua straordinaria capacità di arrivare dritto all’anima di chi
lo fa suo. In fondo, cos’è che ha reso celebre “kind of blue” e ha appassionato tanti amanti della musica non è tanto il jazz modale in sé, ma
la interpretazione davisiana dello stesso, con il suono inconfondibile della sua tromba e il suo gusto nella scrittura e negli arrangiamenti,
gli assolo pressoché perfetti di Coltrane e Adderley (che mantengono un livello qualitativo incredibile per tutto il disco, ora in senso più
lirico, ora in maniera più veemente), il tocco magico e un po’ cool (in cui pare di sentire, tra una nota e l’altra, il fantasma di Lennie
Tristano) di Bill Evans, il “riff” del contrabbasso di Paul Chambers (proprio lui, “Mr. P. C.”, che se Coltrane gli ha dedicato un brano così
in un disco così — “Giant Steps” — un motivo ci sarà) in “So what” e più in generale tutte le sue linee ritmico-armoniche, il piano più “nero”
e meno glaciale di Wynton Kelly in “Freddie Freeloader”, pezzo dove maggiormente vengono fuori l’anima e le radici blues, la malinconia di
“Blue in Green” che sembra uscito da un film noir (il brano perfetto che Davis non ha scritto per il pur bello “Ascenseur pour l’échafaud”),
in cui si esternano tutta la poesia del piano di Bill Evans e la profondità della tromba di Miles, le deliziose peripezie dei Nostri
sull’ostinato di “All Blues” e, per finire, la delicatezza di “Flamenco Sketches”, quasi una ninna nanna di lusso, a chiudere il disco. E, in
fondo, la semplicità con cui fila via tutto liscio e la sensazione costante di armonia ed eleganza che aleggia fra le note di “Kind of blue”
e, perché no, la facilità incredibile con cui l’album si presenta all’ascolto, pur non essendo, ovviamente, un disco propriamente
“radiofonico”. È inutile e poco poetico stare qui a sviscerare oltre il disco de quo, non fosse altro per una questione di rispetto verso
un’opera di tale portata, i tecnicismi preferiamo lasciarli ad altri; adesso è l’ora di alzarsi, premere nuovamente il tasto play e
ricominciare ad assaporare quel girettino di contrabbasso che apre “So what” e, naturalmente, tutto il resto a seguire. Buona continuazione.
Approfondimento \"Jazz modale\"
Un tipico brano modale può essere composto solamente di due o tre accordi, i quali possono durare anche 8 o 16 battute. Da un lato
l\'improvvisazione modale è molto più semplice dell\'improvvisazione sui cambi di accordo, dal momento che non dovete continuamente pensare a
quale scala passare. Dall\'altro, però, non potrete limitarvi a cucire insieme pattern collaudati sul ii-V-I, né fare affidamento su un uso
analitico delle scale o di sostituzioni di accordi, e questo renderà il tutto più complicato.
Certa musica è considerata modale anche se segue progressioni tradizionali di accordi come il blues. Il concetto di modalità ha molto a che
fare con ciò che si fa con l\'armonia. Negli stili derivanti dal Bebop il solista suscita interesse per la sua scelta delle note sull\'armonia,
incluse le dissonanze, le tensioni e le risoluzioni. Per esempio molti boppers finiscono spesso le frasi suonando una quarta eccedente su un
accordo di dominante, solo per l\'effetto provocato da questa nota. Nell\'improvvisazione modale si dà meno enfasi alle scelte armoniche,
privilegiando lo sviluppo melodico. La ballad \"Blue in Green\" (dall\'album \"Kind of Blue\" di Miles Davis) ha lo stesso moto armonico di tanti
altri brani, e gli accordi sono relativamente complessi (come Bbmaj7#11 o A7alt). Malgrado ciò gli assoli su questo pezzo non sfruttano
l\'armonia, ma si focalizzano sulla melodicità di ogni singola frase. Ancora, in un assolo Bebop si tende a sottolineare l\'estensione
accordale, mentre in un assolo modale l\'attenzione è rivolta alle note principali dell\'accordo. Nel Bebop si tende spesso a riempire tutti gli
spazi per definire completamente l\'armonia, mentre nella musica modale si fa un uso più frequente delle pause e dello spazio ritmico come un
elemento di struttura melodica. Entrambi gli approcci sono validi, l\'importante è capirne le differenze.
\"So What\" di Miles Davis, contenuto in \"Kind of Blue\", è il classico esempio di brano modale. Ha una struttura di tipo AABA, nella sezione A è
usato il modo di Re dorico, nella sezione B il modo di Mi bemolle dorico. Ciò produce 16 battute consecutive in Re dorico all\'inizio di ogni
chorus; 24 se si contano le ultime 8 del chorus precedente. Usando solo le sette note di Re dorico è facile esaurire in fretta le idee, ma è
proprio qui il bello. Non potrete sfruttare la spigolosità di un Fa diesis su un accordo di C7, dovrete usare solo le note che vi sono date.
Tuttavia non siete obbligati a limitarvi alle sole note della scala. Come nelle progressioni ii-V, ci sono tecniche utilizzabili in ambito
modale per aggiungere tensione. Una delle più frequenti è il cosiddetto \"sideslipping\". Muovendovi su Re dorico, provate a suonare frasi
costruite sulle scale di Re bemolle o Mi bemolle per un paio di battute. Questa dissonanza crea tensione, che potete allentare ritornando alla
scala originale. Potete anche utilizzare note di passaggio (cromatismi): mantenendo l\'esempio di Re dorico, potete suonare Sol, Sol#, La (Sol#
nota di passaggio).
E\' inoltre possibile usare una scala diversa. Per esempio, invece di Re dorico provate per alcune battute Re minore naturale, o Re pentatonica
minore. Oppure potete alternare un accordo di tonica con l\'accordo di dominante settima nella stessa tonalità. Se, per esempio, considerate
l\'accordo di Dm7 (a cui è associato Re dorico) come primo grado, l\'accordo di dominante settima sarà A7, perciò potrete suonare frasi
costruite su qualunque scala associata a A7, A7b9b5, A7alt (o altri accordi di La dominante settima), per poi tornare alla scala originaria di
Re dorico.
Attenersi strettamente alla filosofia modale significa fare un uso molto limitato delle tecniche sostitutive appena descritte. Il principio
fondamentale dell\'improvvisazione modale è l\'ottenimento della massima melodicità sfruttando solo gli accordi di base e le note della scala.
Le scale pentatoniche sono una scelta particolarmente appropriata in ambito modale, poiche riducono le vostre possibilità a sole cinque note
invece di sette e vi costringono ad un ulteriore sforzo per suonare melodicamente e sfruttare gli spazi. Questo risultato può essere ottenuto
suonando frasi costruite su intervalli di quarta, una pratica molto efficace nei brani modali con pochi cambi di accordo (anche se può
risultare altrettanto efficace in altre situazioni).Mi rendo conto che anche questo approfondimento è cosa ostica, ma se non si conoscono le
basi del \"Jazz modale\" non si capisce la portata storica di \"Kind of Blue\".
Non me ne vorrete ma queste cose vanno scitte.
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Info: |
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AnnounceURL
| http://www.h33t.com:3310/announce |
Hash | 359276902c4231801fdff79b4e56a51b5f68c2e8 |
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Peers |
seeds: 26 ,
leech: 16
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Size | 361.67 MB |
Completato | 84x |
Aggiunto
| 14.01.10 - 09:01:41 |
Uploader | ultimafrontiera |
Votazione |
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