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- Le farò da padre - Alberto Lattuada [ITA] [tntvillage.scambioetico.org -


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IMDb  http://italian.imdb.com/title/tt0155830/




Paese: Italia
Anno: 1974
Durata: 108\'
Colore: Technicolor
Genere: commedia, drammatico, erotico
Regia: Alberto Lattuada
Soggetto: Bruno Di Geronimo,
Sceneggiatura: Bruno Di Geronimo, Ottavio Jemma, Alberto Lattuada
Produttore: Silvio Clementelli per Clesi Cinematografica (Roma)

Interpreti e personaggi

Luigi Proietti (Saverio Mazzacolli)
Irene Papas (Raimonda Spina Tommaselli)
Therese Ann Savoy (Clotilde)
Mario Scaccia (don Amilcare de Loyola)
Bruno Cirino (Peppe Colizzi)
Lina Polito (Concettina)
Isa Miranda (zia Elisa)
Clelia Matania (zia Lorè)
Pia Attanasio (nonna Anastasia)
Nona Da Padova (la balia Anna)
Gabriella Cammelli Severi (la cameriera)
Daniela Caroli (Carmela)
Gian Carlo Badessi (don Liguori)
Mario Cecchi (il notaio Giovine)
Giovanni Polito (Di Corato)
Alberto Lattuada (il medico)



Saverio Mazzacolli è giovane avvocato rampante della capitale, con grandi idee di edilizia speculativa, ma pochi mezzi finanziari. Vorrebbe realizzare nel Salento un villaggio turistico esclusivo per vacanzieri facoltosi e cerca di sfruttare alcune amicizie altolocate e la conoscenza della facoltosa contessa Raimonda Spina, proprietaria dei terreni adatti alla bisogna.

L\'avvocato si lancia alla conquista dell\'attempata nobildonna, sottoponendola ad una corte serrata, allo scopo di impossessarsi della proprietà immobiliare. Disgraziatamente, pur cedendo di slancio alle sue profferte amorose, la contessa si dimostra molto meno sprovveduta di quanto egli abbia supposto e si dichiara disposta a finanziare il progetto di costruzione, però riservandosi la maggior parte dei guadagni.

Alla disperata ricerca del punto debole di Raimonda che gli permetta di spuntarla, Saverio crede di individuarlo nella di lei figlia Clotilde, una ragazza quindicenne tanto bella d\'aspetto, quanto ritardata mentalmente. Si propone quindi di sposarla con il malcelato intento di ricevere i terreni come dono di nozze, ma la contessa è disposta a cedere la mano della figlia e null\'altro.

Vistosi incastrato, Saverio tenta un altro dei suoi espedienti e rapisce Clotilde, in modo che la \"fuitina\" rappresenti un \"deprezzamento\" della ragazza, da compensare con sostanziosa dote. Durante i giorni nei quali la tiene in custodia, l\'avventuriero senza scrupoli s\'innamora perdutamente della ragazza e, pur di riuscire a restarle vicino, rinuncia ad ogni pretesa economica.


recensione

Avanti Savoy!”. Puntualmente scoperta dal nostro maggiore inventore di giovani attrici, Alberto Lattuada, l’inglese Thérèse Ann Savoy, di professione hippie, esordisce nel nostro cinema in vesti di lolita mentecatta. Mentecatta ma candida, fresca, e ghiotta di maschio. Si chiama Clotilde, figlia di ricca contessa, e vive in villa al sole del meridione, guardata a vista da una vecchia balia che sa dove toccarla per calmare i suoi attacchi. La poverina non ha speranza di guarire, ma ecco un avvocato a trarla d’impiccio (per quanto chissà). Speculatore e avventuriero, l’avvocato Mazzacolli ha messo gli occhi su un tratto della costa salentina che può essere trasformato in complesso turistico. Per convincerla a venderglielo, fa la corte alla madre di Clotilde, e vorrebbe persino sposarla, ma la contessa gli si offre una volta e poi più: annusato il tipaccio, propone un contratto iugulatorio. Allora l’uomo cambia sistema: fa rapire Clotilde da un suo complice che chiede un miliardo di riscatto, e progetta – poiché (siamo nel Sud) la ragazza tornerà svergognata – di ottenerla in sposa con larga dote. Senonché il cuore e i sensi hanno avuto un sobbalzo: mentre la teneva prigioniera in una casa segreta, l’avvocato è stato fulminato dall’amore. Sicché manda all’aria l’affare, restituisce il maltolto, e purificato tocca il tetto della felicità. Probabile o no, Le farò da padre nasce dalla convinzione di Lattuada che per uscire dalla nevrosi del mondo contemporaneo e salvarsi dal pessimismo su quello futuro l’uomo deve tornare a Dioniso, glorificando l’amore in una sorta di neopaganesimo. La donna, per lui, è l’unico rifugio che ci resta: una fuga all’indietro, all’innocenza anteriore al peccato originale. Per persuadercene racconta questo apologo con mano abile, dando spazio alle attese sempre un po’morbose del pubblico ed evocando un ambiente ricco di umori nascosti. La tesi è discutibile, perché l’eros privato di coscienza del male o anche solo di dolci e spontanee parolette perde molto della sua carica liberatoria, e il pericolo è di tornare a servirsi della donna, se non proprio come d’una schiava di uso gaudioso, come d’una macchina del tempo, programmata per riportarci al paradiso terrestre. Ma il film avrà i suoi affezionati spettatori. Le scene in cui l’uomo insegna a Clotilde l’arte di amare, e colei l’impara con buona volontà, hanno quel fascino, ai confini fra il torbido e la tenerezza, che tiene inchiodati sia i “guardoni” sia i sentimentali. E nel profilo dell’avvocato (Luigi Proietti) ha quel misto di perverso e di rapito nel sublime che inquieta. Anche chi non possa credere nella sua metamorfosi, e vi veda piuttosto una forma di deviazione sessuale, non deve negarsi la speranza che un bel giorno questo mondo storto si metta a girare diritto, e i mascalzoni divengano dei santi. La Savoy, poi, è una teatrante di classe, che passa con grande naturalezza dalla pietosa demenza ai morbidi strusci felini. L’ambiguità dell’operazione di Lattuada è d’altronde un merito del film: comunque la si interpreti, c’è largo margine per discuterne. Come opera di regia, nulla da eccepire. Lattuada è fra gli autori che conoscono il mestiere molto bene, e sa dirigere con sicurezza gli attori: si vedano qui, oltre i protagonisti, la robusta Irene Papas nei panni della signora contessa, e Mario Scaccia in quelli d’un duca spiantato che fa il doppio gioco. Un tocco in più viene al film dall’allusione al mondo politico che si serve del sottogoverno corruttore, e dalle scene della provincia, descritte con ironico gusto. Lattuada, che si diverte a riapparire come attore (fa la parte di un medico), ha vista larga. C’è da aspettarsi un buon Cuore di cane.
Da Eva dopo Eva. La donna nel cinema italiano, Bari, Laterza, 1980













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